Recentemente è uscito il testo TRACCE D’ESILIO sul Centro Raccolta Profughi di Laterina negli anni 1948-1963, redatto a sei mani da colleghi che hanno condotto un’ampia e rigorosa ricerca storica e archivistica sulle vicende degli esuli istriano-giuliano-dalmati nella prima parte, curata dai professori Pesca e Ruggiero, mentre la seconda, a cura della professoressa Domenici, verte sul rientro dei nostri coloni dall’Africa, in particolare dalla Libia. Ad una prima lettura si apprezzano l’indagine accurata e la documentazione impeccabile; poi a poco a poco il testo prende il lettore, anche quello più distratto e sprovveduto, e lo trasporta in quegli anni, in quel mondo, ad ascoltare le voci di quegli uomini e donne, rimpatriati dopo la fine della seconda guerra mondiale dalla Venezia Giulia, dalla Dalmazia, e successivamente, cambiata la situazione storica, dalla Libia e dalla Tunisia. Dall’ascolto di queste voci nasce quel dialogo silenzioso che s’instaura tra chi  trascrive e chi legge; un filo sottile, ma indissolubile tra quegli uomini, donne e bambini, sradicati dalle loro terre, profughi e rimpatriati, vittime anch’essi e non ultime della guerra, e chi ha raccolto dati, numeri, documenti e li propone all’attenzione del lettore, per riflettere ancora una volta sulle conseguenze tragiche delle guerre, nella speranza che se ne possa trarre qualche utile e onesto insegnamento. Particolarmente commoventi sono le parole riportate dagli autori di quelli che all’epoca erano bambini, che con le loro famiglie arrivarono nel Campo profughi di Laterina.  Realizzato nel 1941 per la detenzione dei prigionieri di guerra   inglesi, trasformato poi in campo d’internamento per ex fascisti, il Campo  divenne un centro di raccolta profughi per fronteggiare la grande emigrazione che si verificò, forzatamente o per scelta, dalle zone istriane  cedute alla Jugoslavia e prima ancora dalle ex colonie dell’Africa Orientale. Il dolore dei migranti istriani costretti a lasciare la loro terra è efficacemente rappresentato nella poesia Terra Rossa : “Ed io assaporai il sale amaro dell’esilio./ …Abbandonammo case e Storia. /Fummo fagocitati da paesaggi ostili, mutammo le vesti…( in E. Manzin, Tempo di Lupi ). Una condizione, la loro, condivisa in ogni tempo e luogo da chi è costretto a lasciare la propria terra e a cercare altrove un posto dove ricostruire la propria vita.

Solo apparentemente diversa la situazione degli italiani in Africa (Eritrea, Libia, Somalia, Etiopia… ), con la colonizzazione avviata l’ultimo decennio del XIX secolo determinata dalla necessità dell’Italia di allinearsi alle nazioni europee come grande potenza. La fine della guerra con la perdita delle colonie provocò  un flusso consistente verso la madrepatria di quei colonizzatori, costretti a lasciare quelle case e quelle terre che erano state loro promesse. E il Centro di raccolta profughi di Laterina vide il suo riutilizzo dopo il Trattato di Parigi (1947) proprio con il primo afflusso di profughi istriani, che optarono per la cittadinanza italiana, insieme ai primi rimpatriati dall’Africa. Una parte del lavoro di ricerca è dedicata poi al rientro degli italiani dalla Tunisia, emigrati spontaneamente soprattutto dalla Sicilia già nel corso del 19 ° secolo. Tale emigrazione non si arrestò nemmeno nel 1881 con il protettorato  francese del paese nord africano; tuttavia, in seguito alla proclamazione d’ indipendenza della Tunisia  nel 1956, cominciò l’espatrio forzato, quando ai lavoratori stranieri non fu estesa la Carte du travail, senza la quale non era possibile lavorare.

La seconda parte  affronta le vicende delle comunità italiane in Libia fino ai rimpatri forzati degli anni Sessanta in seguito all’indipendenza del Paese. Le famiglie che transitarono nel Campo di Laterina appartenevano a gruppi di coloni partiti tra il 1928 e il 1933, in seguito alla colonizzazione demografica, promossa da Italo Balbo, governatore della Libia. Il processo di colonizzazione rallentò nel 1938, per il diffondersi della resistenza beduina, il cui capo, Omar al Muktar, nel 1931 fu processato e impiccato per ordine del nuovo governatore Badoglio. Nel 1939 la Libia  entrò  a far parte del territorio metropolitano del Regno d’Italia con il nome di Quarta Sponda, quando in contemporanea il Movimento di Liberazione della Libia trovava nell’emiro Idris il suo nuovo capo. La fine dell’occupazione italiana risale al 1943, mentre il trattato di pace del 1947 sancisce la perdita delle colonie.  Come monarchia ereditaria a regime parlamentare la Libia nasce nel 1951 e l’accordo tra Libia e Italia sui danni di guerra nel 1957 prevede un contributo economico per la ricostruzione dello stato nordafricano. Il colpo di stato di Gheddafi nel 1969 provoca un esodo generale degli italiani dalla Libia. Già da prima della proclamazione dell’indipendenza, tuttavia, era cominciata la fuga dal paese africano e il rientro in Italia. A Laterina vennero smistate numerose famiglie, che poi furono variamente dislocate nel Nord o in Maremma. Le interviste ai sopravvissuti, che all’epoca erano bambini, concordano nel dolore del ricordo e nella pena per la fatica patita.

Il primo luglio 1963 i profughi rimasti a Laterina partirono verso altri Centri e il Campo chiudeva. Circa 9000 persone risulta che siano transitate per il Centro raccolta profughi. Ma, oltre i numeri, emerge particolarmente il volto di un’umanità sradicata e la desolazione determinata dal dover comunque tagliare i ponti con il passato e reinventarsi in una nuova realtà.

La cura nel riportare documenti, cifre e statistiche si accompagna alla descrizione della vita nel Campo con le quotidiane difficoltà determinate dal bisogno, con i problemi vissuti dai singoli per l’inserimento nelle attività lavorative, con l’assistenza sanitaria, con la questione dell’istruzione dei bambini.  Molto commovente la memoria di ex rifugiati che sono transitati qui nella loro infanzia e giovinezza, riportandone un ricordo incancellabile, purificato, come tutti i ricordi, di quel che di doloroso che lo accompagna.

Emerge un sentimento di amarezza, tanto più profondo quanto più asciutta e oggettiva è la narrazione, che non si abbandona mai ad una facile retorica. Resta la descrizione di un mondo senza pace, nella consapevolezza di uno stato continuo di conflitti e di guerre che, più o meno dimenticate, si succedono le une alle altre, dove i singoli individui sono schiacciati sotto il peso di eventi non da loro provocati, ma in cui si sono trovati, travolti dalle vicende della Storia che travalica  le singole storie.

Per saperne di più: Giuliana Pesca-Serena Domenici-Giovanni Ruggiero ,TRACCE D’ESILIO.IL C.R.P. DI LATERINA- 1948-1963 .Tra esuli istriano-giuliano-dalmati, rimpatriati e profuganze d’Africa. Edizioni NUOVAPRHOMOS,  2021.

Fiorella Casucci

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